venerdì 13 aprile 2012

L'IRAN VERRA' AGGREDITO DAL MONDIALISMO? Intervista a cura di Davide D'Amario (Rinascita, 27 marzo 2012)

 Le Edizioni All’Insegna del Veltro hanno dato alle stampe un libro interessante e d’attualità, un libro per certi versi storico, geopolitico e d’analisi futura. L’Imperialismo attaccherà militarmente la Repubblica Islamica dell’Iran?
Il libro del giornalista e fondatore nel 2001 della testata in rete “Clarissa.it” Simone Santini è titolato “IRAN 2012”. Vi è una prefazione di Giulietto Chiesa che chiama la vita delle persone dentro “le civiltà mature”, nell’Occidente vasto ed esteso … MATRIX … già questo basta per comprendere l’importanza di tale studio-lavoro. Rinascita ha ritenuto di raccogliere la seguente intervista all’autore.

Nel suo recente libro “IRAN 2012” lei descrive le tappe che hanno portato a ritenere da parte occidentalista il governo e la struttura sociale-ideologica della Repubblica Islamica dell’Iran un pericolo per il “mondo”, tale asserzione diffusa da diverse lobby risponde al vero? Matrix ha ragione?
Dipende, ovviamente, da cosa si intende per “pericolo”. Dal punto di vista occidentalista l’Iran può rappresentare un pericolo perché contrasta i piani di potere delle élite mondiali. Non, si badi bene, per una intrinseca natura di quel sistema, da più parti di Matrix indicato come maligno, violento, fanatico, ma per la possibilità di imporsi come una entità statale sovrana ed indipendente, possibilità che, a mio avviso, non è ancora stata espressa fino in fondo. Esercitando il suo ruolo di potenza regionale indipendente, l’Iran può diventare un perno di stabilità per tutta l’area mediorientale e centroasiatica: un attore necessario per la stabilizzazione post-guerra di Afghanistan (di cui accoglie milioni di profughi) e Iraq – per inciso, due guerre ai suoi confini che l’Iran non ha certo voluto – nonché determinando una epocale distensione tra Pakistan e India sulle rotte del cosiddetto “gasdotto della pace”. Oppure stringendo alleanze strutturali in ambito SCO (Shanghai Cooperation Organisation) con Cina e Russia. Questi scenari determinerebbero l’eclissi delle attuali leve del potere mondiale. E qui torniamo alla nozione di “pericolo”.
Inoltre, mi pare opportuno sottolineare come in questi anni l’Iran stia subendo una serie di atti di destabilizzazione e terrorismo davvero imponente. Di contro si sostiene che l’Iran sia sponsor del terrorismo internazionale perché appoggia o ha appoggiato alcuni movimenti di resistenza nazionale in Libano e Palestina. Un vero e proprio stravolgimento della realtà.
Un’ultima considerazione sul preteso “fanatismo” dei vertici della Repubblica islamica. Ora, non sto qui a giudicare quel sistema ideale e socio-politico, come ogni sistema può piacere o non piacere, può avere aspetti notevoli e altri da biasimare. Tuttavia invito ad indagare l’ideologia della leadership israeliana, per fare un esempio, e raffrontarla con quella iraniana. In quanto a fanatismo ed irrazionalità, credo che si potrebbero riscontrare non poche sorprese.

La questione “bomba atomica” iraniana nell’assedio mediatico e non al regime degli ayatollah è il vero motivo della voglia di guerra di Usa e Israele? O è la solita scusa imperialista per colpire un popolo e una dirigenza politica scomoda e indipendente? 
Nella mia opera ritengo di aver indagato in profondità la questione nucleare iraniana, ed aver dimostrato con un grado sufficiente di persuasione che l’Iran non ha la bomba e non intende averla. I motivi del contrasto con Usa e Israele sono dunque di ordine politico e di sistema di potere, geopolitico e regionale. Non è certo una novità che le motivazioni più profonde delle crisi diplomatiche, che poi conducono ai conflitti, sono ben diverse dalle argomentazioni pubblicamente addotte, che fanno spesso riferimento alla costruzione del “mostro”, al pericolo imminente, al richiamo della minaccia irrazionale. L’Iran non è un’eccezione, al contrario, è in questo senso un caso paradigmatico.

Qual è il ruolo di Israele e della sua ideologia imperial-religiosa dietro l’affaire Iran? Israele e le sue lobby riusciranno a scatenare una guerra regionale in Medioriente? L’Iran in tal caso come reagirà? 
Se si ascolta il discorso di Netanyahu all’AIPAC, la maggiore e più influente organizzazione americana filo-sionista, di qualche settimana fa, si ha di che rabbrividire. Ecco, se si vuole un esempio di fanatismo ed irrazionalità nel campo “occidentale”, quello è stato un intervento esemplare. Il pericolo che sia Israele a scatenare il conflitto è tangibile. Lo disse già Sharon nel 2002 che l’Iran sarebbe stato l’avversario strategico di Israele nel futuro. Quel futuro è oggi. Se Obama avesse la forza di imporre ad Israele un approccio pacifico, se l’Iran fosse rassicurato nel perseguimento dei propri diritti sovrani (lo sviluppo autonomo del nucleare civile), un accordo si potrebbe trovare domattina. Anzi, si sarebbe già trovato da tempo. Invece la capacità di influenza di Israele, e delle lobby filo-sioniste, sulle politiche di Washington in Medio Oriente è da anni pervasiva e determinante. È ormai riconosciuto da numerosi studi, a vari livelli.
In caso di conflitto l’Iran reagirà? Temo di sì. Le dichiarazioni delle massime cariche religiose, militari, civili del paese indicano la volontà di una ferma reazione. Fatto salvo il sacrosanto diritto di una nazione aggredita militarmente di difendersi e reagire, ho usato l’espressione “temo” perché se l’Iran si farà trascinare in una guerra senza quartiere, rischia di subire conseguenze devastanti. Proprio Israele, durante la Guerra del Golfo, ottenne una straordinaria vittoria politica quando non reagì ai missili Scud lanciati da Saddam Hussein. L’idea di minimizzare il più possibile il conflitto, subire l’aggressione per riportare una vittoria politica ben più importante, dovrebbe a mio avviso essere presa in seria considerazione dalla dirigenza iraniana.

Ahmadinejad e l’ormai difficile rapporto con la struttura religiosa, quanto influenzerà l’azione guerrafondaia ebraico-protestante? Come vive il popolo iraniano la minaccia di una guerra terribile, quanta forza ha il presidente iraniano nella società e soprattutto tra le gerarchie dell’esercito? Insomma chi fronteggerà un’eventuale attacco sionista? 
Ahmadinejad, checché se ne dica in Occidente, ha rappresentato in questi anni una possibilità di dialogo. Tuttavia un dialogo “pericoloso” poiché disposto ad una vera pacificazione, su base paritaria ed indipendente, non ad un compromesso o una svendita della sovranità iraniana. Le recenti elezioni legislative indicano che il presidente non è ancora riuscito a consolidare un supporto popolare attorno al suo tentativo di laicizzazione presidenzialista della Repubblica islamica. Del resto tutti gli attacchi frontali subiti all’interno, le difficilissime condizioni economiche, hanno messo la sua figura in cattiva luce. Allo stato attuale è arduo dire di quanto “potere” effettivo disponga Ahmadinejad.
Dai risultati elettorali emerge rafforzata la componente “tradizionalista” incarnata dalla Guida Khamenei. Ora si aprono due possibilità, diametralmente opposte: che sia proprio il duro Khamenei a fare aperture ad Obama per giungere ad un accordo; che il potere degli ayatollah si arrocchi maggiormente sulle sue posizioni, dando una sponda straordinaria ad Israele, ritenendo di consolidare ancor più il suo sistema di potere interno in caso di aggressione. La popolazione iraniana è molto nazionalista, e questo sicuramente avverrebbe in un primo momento. Ma potrebbe trattarsi di una mera illusione. Se l’Iran subirà una “sindrome irachena” stile anni ’90 (bombardamenti annichilenti seguiti da uno stretto embargo militare), nel giro di pochi anni il sistema della Repubblica islamica rischierebbe di sfaldarsi. Non ci si lasci illudere dal fatto che Saddam Hussein, in condizioni ancora peggiori, resistette per oltre un decennio. In quel caso la sua permanenza al potere era un obiettivo desiderato dagli americani: il simulacro Saddam, il fantomatico persistere della sua minaccia, permetteva il dispiegamento permanente delle truppe americane nella Penisola arabica, il vero obiettivo strategico di quella guerra. Finita quella fase, gli americani non hanno esitato a sbarazzarsi del Raìs, appendendolo ad un cappio.

L’Iran e i suoi rapporti con Siria, Russia, Cina e Venezuela quanto potrebbero limitare gli ignobili progetti mondialisti? Hamas e Hezbollah come risponderebbero … Insomma Santini siamo arrivati sull’orlo del baratro? 
In una situazione di “normale” competizione, è evidente come una alleanza tra Cina e Russia coi paesi emergenti del sud del mondo, imporrebbe all’Occidente, come minimo, l’affermarsi di un nuovo ordine globale multipolare. La guerra è lo strumento di dominio ultimo, e più efficace, terribilmente efficace, per impedirlo.
L’Iran giunge a questo snodo cruciale sostanzialmente isolato. La crisi siriana è un elemento fondamentale: neutralizza il supporto di Damasco in caso di guerra e stronca sul nascere un possibile asse con la Turchia; Hamas ha fatto la sua scelta di campo, abbandonando la Siria e mettendosi sotto la protezione dell’emiro del Qatar; Hezbollah è posto in uno stato di debolezza proprio perché non ha più le spalle al sicuro.
Quale sarà l’atteggiamento di Russia e Cina in caso di guerra? Ritengo che strepiteranno un po’, ma non potranno efficacemente opporsi. La Russia potrebbe addirittura ottenere dei vantaggi nel breve periodo, sfruttando al massimo la crisi energetica che ne deriverebbe. La Cina avrebbe tutto da perdere, ma è fin troppo impegnata nelle sue crisi e convulsioni interne per rischiare di mettersi di traverso in qualche modo. Potrebbe Pechino affrontare l’eventualità di una guerra globale? Insomma, mi chiede se siamo arrivati sull’orlo del baratro: per il popolo iraniano, temo che sia una probabilità molto concreta; per una guerra generalizzata in Medio Oriente è una prospettiva possibile ma non scontata; per una guerra mondiale mi pare una ipotesi recondita. Ma che non si può del tutto scartare.

Lei nell’introduzione del libro si rivolge romanticamente al pacifismo e più intimamente al pacifista come uomo/donna alla sua azione e alla sua interiorità … ma non crede che ormai da tempo si è compreso che dietro le bandiere arcobaleno che non sventolano più, vi era un progetto chiaro, quello di smantellare forme anche radicali in Occidente di difesa “politica” e di “solidarietà militante” verso certi regimi? Si visto con la Libia ed ora con la destabilizzazione della Siria come la pensano coloro che guidavano le grandi manifestazioni pacifiste (paci-finte) … la demonizzazione di Gheddafi, ora di Assad, e dell’Hitler iraniano è sotto gli occhi di tutti … non saranno mica i pacifisti le quinte colonne (inconsapevoli o no) dell’imperialismo e del militarismo yenkee e sionista? 
Quella che lei prospetta è una possibilità. Basta leggersi “Come abbattere un regime” di Gene Sharp, verificando anche come è stato accolto in certi ambienti “democratici” o addirittura “antimperialisti”, per riscontrare come il pacifismo possa diventare uno straordinario strumento a supporto della conquista globalista. Nel caso delle strutture su cui queste strategie poggiano (organizzazioni internazionali, Ong, media), quanto meno sui loro vertici, appare francamente arduo pensare alla buona fede. Nel testo io mi sono riferito a quello che ho chiamato il “pacifista introvabile”, ai milioni di persone comuni le cui percezioni sono state obnubilate. Per loro ritengo che si possa chiaramente parlare di buona fede, sono vittime, a mio avviso, di una attenuazione delle coscienze perpetuata attraverso potentissimi meccanismi mediatico-psicologici. Mi rendo perfettamente conto che il mio tentativo con questo libro di risvegliare le coscienze, “di fuggire da Matrix” come scrive Giulietto Chiesa nella prefazione, sarà una goccia nel mare. Del resto ognuno è chiamato a portare il contributo che può. Il mio è stato questo: nella verità si nasconde il senso più profondo della libertà. Non smettiamo mai di cercare la verità.




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