venerdì 13 aprile 2012

L'IRAN VERRA' AGGREDITO DAL MONDIALISMO? Intervista a cura di Davide D'Amario (Rinascita, 27 marzo 2012)

 Le Edizioni All’Insegna del Veltro hanno dato alle stampe un libro interessante e d’attualità, un libro per certi versi storico, geopolitico e d’analisi futura. L’Imperialismo attaccherà militarmente la Repubblica Islamica dell’Iran?
Il libro del giornalista e fondatore nel 2001 della testata in rete “Clarissa.it” Simone Santini è titolato “IRAN 2012”. Vi è una prefazione di Giulietto Chiesa che chiama la vita delle persone dentro “le civiltà mature”, nell’Occidente vasto ed esteso … MATRIX … già questo basta per comprendere l’importanza di tale studio-lavoro. Rinascita ha ritenuto di raccogliere la seguente intervista all’autore.

Nel suo recente libro “IRAN 2012” lei descrive le tappe che hanno portato a ritenere da parte occidentalista il governo e la struttura sociale-ideologica della Repubblica Islamica dell’Iran un pericolo per il “mondo”, tale asserzione diffusa da diverse lobby risponde al vero? Matrix ha ragione?
Dipende, ovviamente, da cosa si intende per “pericolo”. Dal punto di vista occidentalista l’Iran può rappresentare un pericolo perché contrasta i piani di potere delle élite mondiali. Non, si badi bene, per una intrinseca natura di quel sistema, da più parti di Matrix indicato come maligno, violento, fanatico, ma per la possibilità di imporsi come una entità statale sovrana ed indipendente, possibilità che, a mio avviso, non è ancora stata espressa fino in fondo. Esercitando il suo ruolo di potenza regionale indipendente, l’Iran può diventare un perno di stabilità per tutta l’area mediorientale e centroasiatica: un attore necessario per la stabilizzazione post-guerra di Afghanistan (di cui accoglie milioni di profughi) e Iraq – per inciso, due guerre ai suoi confini che l’Iran non ha certo voluto – nonché determinando una epocale distensione tra Pakistan e India sulle rotte del cosiddetto “gasdotto della pace”. Oppure stringendo alleanze strutturali in ambito SCO (Shanghai Cooperation Organisation) con Cina e Russia. Questi scenari determinerebbero l’eclissi delle attuali leve del potere mondiale. E qui torniamo alla nozione di “pericolo”.
Inoltre, mi pare opportuno sottolineare come in questi anni l’Iran stia subendo una serie di atti di destabilizzazione e terrorismo davvero imponente. Di contro si sostiene che l’Iran sia sponsor del terrorismo internazionale perché appoggia o ha appoggiato alcuni movimenti di resistenza nazionale in Libano e Palestina. Un vero e proprio stravolgimento della realtà.
Un’ultima considerazione sul preteso “fanatismo” dei vertici della Repubblica islamica. Ora, non sto qui a giudicare quel sistema ideale e socio-politico, come ogni sistema può piacere o non piacere, può avere aspetti notevoli e altri da biasimare. Tuttavia invito ad indagare l’ideologia della leadership israeliana, per fare un esempio, e raffrontarla con quella iraniana. In quanto a fanatismo ed irrazionalità, credo che si potrebbero riscontrare non poche sorprese.

La questione “bomba atomica” iraniana nell’assedio mediatico e non al regime degli ayatollah è il vero motivo della voglia di guerra di Usa e Israele? O è la solita scusa imperialista per colpire un popolo e una dirigenza politica scomoda e indipendente? 
Nella mia opera ritengo di aver indagato in profondità la questione nucleare iraniana, ed aver dimostrato con un grado sufficiente di persuasione che l’Iran non ha la bomba e non intende averla. I motivi del contrasto con Usa e Israele sono dunque di ordine politico e di sistema di potere, geopolitico e regionale. Non è certo una novità che le motivazioni più profonde delle crisi diplomatiche, che poi conducono ai conflitti, sono ben diverse dalle argomentazioni pubblicamente addotte, che fanno spesso riferimento alla costruzione del “mostro”, al pericolo imminente, al richiamo della minaccia irrazionale. L’Iran non è un’eccezione, al contrario, è in questo senso un caso paradigmatico.

Qual è il ruolo di Israele e della sua ideologia imperial-religiosa dietro l’affaire Iran? Israele e le sue lobby riusciranno a scatenare una guerra regionale in Medioriente? L’Iran in tal caso come reagirà? 
Se si ascolta il discorso di Netanyahu all’AIPAC, la maggiore e più influente organizzazione americana filo-sionista, di qualche settimana fa, si ha di che rabbrividire. Ecco, se si vuole un esempio di fanatismo ed irrazionalità nel campo “occidentale”, quello è stato un intervento esemplare. Il pericolo che sia Israele a scatenare il conflitto è tangibile. Lo disse già Sharon nel 2002 che l’Iran sarebbe stato l’avversario strategico di Israele nel futuro. Quel futuro è oggi. Se Obama avesse la forza di imporre ad Israele un approccio pacifico, se l’Iran fosse rassicurato nel perseguimento dei propri diritti sovrani (lo sviluppo autonomo del nucleare civile), un accordo si potrebbe trovare domattina. Anzi, si sarebbe già trovato da tempo. Invece la capacità di influenza di Israele, e delle lobby filo-sioniste, sulle politiche di Washington in Medio Oriente è da anni pervasiva e determinante. È ormai riconosciuto da numerosi studi, a vari livelli.
In caso di conflitto l’Iran reagirà? Temo di sì. Le dichiarazioni delle massime cariche religiose, militari, civili del paese indicano la volontà di una ferma reazione. Fatto salvo il sacrosanto diritto di una nazione aggredita militarmente di difendersi e reagire, ho usato l’espressione “temo” perché se l’Iran si farà trascinare in una guerra senza quartiere, rischia di subire conseguenze devastanti. Proprio Israele, durante la Guerra del Golfo, ottenne una straordinaria vittoria politica quando non reagì ai missili Scud lanciati da Saddam Hussein. L’idea di minimizzare il più possibile il conflitto, subire l’aggressione per riportare una vittoria politica ben più importante, dovrebbe a mio avviso essere presa in seria considerazione dalla dirigenza iraniana.

Ahmadinejad e l’ormai difficile rapporto con la struttura religiosa, quanto influenzerà l’azione guerrafondaia ebraico-protestante? Come vive il popolo iraniano la minaccia di una guerra terribile, quanta forza ha il presidente iraniano nella società e soprattutto tra le gerarchie dell’esercito? Insomma chi fronteggerà un’eventuale attacco sionista? 
Ahmadinejad, checché se ne dica in Occidente, ha rappresentato in questi anni una possibilità di dialogo. Tuttavia un dialogo “pericoloso” poiché disposto ad una vera pacificazione, su base paritaria ed indipendente, non ad un compromesso o una svendita della sovranità iraniana. Le recenti elezioni legislative indicano che il presidente non è ancora riuscito a consolidare un supporto popolare attorno al suo tentativo di laicizzazione presidenzialista della Repubblica islamica. Del resto tutti gli attacchi frontali subiti all’interno, le difficilissime condizioni economiche, hanno messo la sua figura in cattiva luce. Allo stato attuale è arduo dire di quanto “potere” effettivo disponga Ahmadinejad.
Dai risultati elettorali emerge rafforzata la componente “tradizionalista” incarnata dalla Guida Khamenei. Ora si aprono due possibilità, diametralmente opposte: che sia proprio il duro Khamenei a fare aperture ad Obama per giungere ad un accordo; che il potere degli ayatollah si arrocchi maggiormente sulle sue posizioni, dando una sponda straordinaria ad Israele, ritenendo di consolidare ancor più il suo sistema di potere interno in caso di aggressione. La popolazione iraniana è molto nazionalista, e questo sicuramente avverrebbe in un primo momento. Ma potrebbe trattarsi di una mera illusione. Se l’Iran subirà una “sindrome irachena” stile anni ’90 (bombardamenti annichilenti seguiti da uno stretto embargo militare), nel giro di pochi anni il sistema della Repubblica islamica rischierebbe di sfaldarsi. Non ci si lasci illudere dal fatto che Saddam Hussein, in condizioni ancora peggiori, resistette per oltre un decennio. In quel caso la sua permanenza al potere era un obiettivo desiderato dagli americani: il simulacro Saddam, il fantomatico persistere della sua minaccia, permetteva il dispiegamento permanente delle truppe americane nella Penisola arabica, il vero obiettivo strategico di quella guerra. Finita quella fase, gli americani non hanno esitato a sbarazzarsi del Raìs, appendendolo ad un cappio.

L’Iran e i suoi rapporti con Siria, Russia, Cina e Venezuela quanto potrebbero limitare gli ignobili progetti mondialisti? Hamas e Hezbollah come risponderebbero … Insomma Santini siamo arrivati sull’orlo del baratro? 
In una situazione di “normale” competizione, è evidente come una alleanza tra Cina e Russia coi paesi emergenti del sud del mondo, imporrebbe all’Occidente, come minimo, l’affermarsi di un nuovo ordine globale multipolare. La guerra è lo strumento di dominio ultimo, e più efficace, terribilmente efficace, per impedirlo.
L’Iran giunge a questo snodo cruciale sostanzialmente isolato. La crisi siriana è un elemento fondamentale: neutralizza il supporto di Damasco in caso di guerra e stronca sul nascere un possibile asse con la Turchia; Hamas ha fatto la sua scelta di campo, abbandonando la Siria e mettendosi sotto la protezione dell’emiro del Qatar; Hezbollah è posto in uno stato di debolezza proprio perché non ha più le spalle al sicuro.
Quale sarà l’atteggiamento di Russia e Cina in caso di guerra? Ritengo che strepiteranno un po’, ma non potranno efficacemente opporsi. La Russia potrebbe addirittura ottenere dei vantaggi nel breve periodo, sfruttando al massimo la crisi energetica che ne deriverebbe. La Cina avrebbe tutto da perdere, ma è fin troppo impegnata nelle sue crisi e convulsioni interne per rischiare di mettersi di traverso in qualche modo. Potrebbe Pechino affrontare l’eventualità di una guerra globale? Insomma, mi chiede se siamo arrivati sull’orlo del baratro: per il popolo iraniano, temo che sia una probabilità molto concreta; per una guerra generalizzata in Medio Oriente è una prospettiva possibile ma non scontata; per una guerra mondiale mi pare una ipotesi recondita. Ma che non si può del tutto scartare.

Lei nell’introduzione del libro si rivolge romanticamente al pacifismo e più intimamente al pacifista come uomo/donna alla sua azione e alla sua interiorità … ma non crede che ormai da tempo si è compreso che dietro le bandiere arcobaleno che non sventolano più, vi era un progetto chiaro, quello di smantellare forme anche radicali in Occidente di difesa “politica” e di “solidarietà militante” verso certi regimi? Si visto con la Libia ed ora con la destabilizzazione della Siria come la pensano coloro che guidavano le grandi manifestazioni pacifiste (paci-finte) … la demonizzazione di Gheddafi, ora di Assad, e dell’Hitler iraniano è sotto gli occhi di tutti … non saranno mica i pacifisti le quinte colonne (inconsapevoli o no) dell’imperialismo e del militarismo yenkee e sionista? 
Quella che lei prospetta è una possibilità. Basta leggersi “Come abbattere un regime” di Gene Sharp, verificando anche come è stato accolto in certi ambienti “democratici” o addirittura “antimperialisti”, per riscontrare come il pacifismo possa diventare uno straordinario strumento a supporto della conquista globalista. Nel caso delle strutture su cui queste strategie poggiano (organizzazioni internazionali, Ong, media), quanto meno sui loro vertici, appare francamente arduo pensare alla buona fede. Nel testo io mi sono riferito a quello che ho chiamato il “pacifista introvabile”, ai milioni di persone comuni le cui percezioni sono state obnubilate. Per loro ritengo che si possa chiaramente parlare di buona fede, sono vittime, a mio avviso, di una attenuazione delle coscienze perpetuata attraverso potentissimi meccanismi mediatico-psicologici. Mi rendo perfettamente conto che il mio tentativo con questo libro di risvegliare le coscienze, “di fuggire da Matrix” come scrive Giulietto Chiesa nella prefazione, sarà una goccia nel mare. Del resto ognuno è chiamato a portare il contributo che può. Il mio è stato questo: nella verità si nasconde il senso più profondo della libertà. Non smettiamo mai di cercare la verità.




sabato 7 aprile 2012

IRAN 2012, RECENSIONE DI WILLIAM BAVONE

Cosa racchiude in se la parola tanto temuta "Iran"? Qual è il vero volto del colosso islamico? Santini, con il suo ultimo saggio, prova a far luce su questi e altri quesiti per i quali l'informazione "occidentalizzata" elude ogni risposta.
Nel suo saggio, Santini, ha la straordinaria capacità di portare il lettore in una visione dall'alto della questione iraniana, consentendogli di formulare una propria opinione sulla regione, che molto probabilmente, vivrà da protagonista i prossimi scenari geostrategici.
Il tutto è permesso da un'attenta cura nel riportare la cronostoria di svariati eventi politici interni e globali, avvalendosi di una visione pluriprospettica: testate giornalistiche internazionali sia di matrice occidentale che islamica, rapporti di enti ed organismi di analisi internazionali. Questo lavoro consente di ottenere un quadro generico privo di filtri propagandistici che permette al lettore di maturare una propria opinione senza alcun condizionamento.
Il saggio apre un'interessante finestra sul regime iraniano portandone alla luce il precario equilibrio tra la laicità politica di Ahmadinejad e l'ingerenza istituzionale della guida spirituale Ali Khamenei. Un classico binomio degli studi riguardanti l'area mediorientale e cioè religione e politica: netta separazione o un unico corpo alla guida del popolo?
Santini non può esimersi dall'affrontare la spinosa questione del nucleare, ma allo stesso tempo riesce perfettamente a contestualizzare tale tematica nel più amplio scenario globale riportando le manovre, più o meno trasparenti, dei diversi attori internazionali capeggiati ovviamente da Stati Uniti e Israele. Se la "Primavera Araba" ha messo in luce l'importanza strategica dell'intera area, l' Iran - ed in seconda battuta La Siria - rappresenta l'ultimo baluardo di un "altro Mondo" non allineato all'ideologia occidentale.
In fine, l'autore, non trascura l'analisi degli attori emergenti nelle relazioni internazionali e cioè Russia e Cina. Di quest'ultimo attore sottolineiamo l'interessante analisi proposta: un approfondimento di non trascurabile valore analitico.
Capire quali saranno i futuri scenari che avranno come protagonista Teheran, è impossibile, ma sicuramente questo testo costituisce un valido strumento per l'interpretazione delle dinamiche future in terra persiana.



 

martedì 3 aprile 2012

A tu per tu con… Simone Santini

Intervista a Simone Santini a cura di Lorenzo Scala (3 marzo 2012)




Il primo capitolo del suo libro verte sugli sviluppi storici della Repubblica Islamica d’Iran negli ultimi anni, inquadrati perfettamente anche dal punto di vista della geopolitica internazionale. In particolare, come mai il Paese in questione ha deciso di dotarsi di un programma nucleare? In che contesto si è venuta a delineare questa scelta, e qual è stato il ruolo di Israele?
Il programma nucleare iraniano è risalente nel tempo, il primo approccio avvenne durante il regime dello Scià Pahlevi. La rivoluzione khomeinista, in qualche modo, lo bloccò, perché da un lato le potenze occidentali che avevano (ed hanno, per la verità) il monopolio delle tecnologie nucleari, interruppero la collaborazione con la nuova dirigenza iraniana, ma anche perché lo stesso Imam Khomeini era piuttosto scettico sullo sviluppo di un programma atomico, anche per motivazioni etiche e spirituali. Inutile dire che lo scetticismo era per un programma civile, dato che per quel che riguarda lo sviluppo militare, la contrarietà è sempre stata netta e assoluta, e le successive dirigenze del paese hanno sempre confermato questa impostazione, che è, sottolineiamolo, radicata profondamente anche dal punto di vista religioso.
Dagli anni ’90 è cambiato lo scenario, soprattutto economico. L’economia iraniana si fonda soprattutto sull’esportazione di idrocarburi (petrolio e gas), l’Iran è una sorta di “forziere” mondiale di queste ricchezze. Al tempo stesso la nazione ha visto un forte sviluppo industriale, che è però sbilanciato. Un esempio vale a chiarire: nonostante sia ricco di petrolio, l’Iran importa la benzina perché non ha una adeguata industria di raffinazione. Insomma, diventa strategico avere, dal punto di vista energetico, una autosufficienza nazionale che sia diversificata rispetto agli idrocarburi. Nel momento che il fabbisogno energetico fosse soddisfatto, a livello interno, da fonti alternative, tutto il gas e petrolio potrebbe essere esportato con grande vantaggio per il sistema paese: surplus commerciale, indipendenza, sviluppo industriale. Ecco che il programma nucleare civile è parso come il metodo più rapido e sicuro per ottenere questi scopi.
Un altro obiettivo che si persegue è quello di rompere il monopolio occidentale, e di Israele, sulla tecnologia nucleare. Se l’Iran riuscirà, come sta riuscendo a fare, nel pieno rispetto dei Trattati internazionali in materia, a padroneggiare l’ “intero ciclo” della produzione nucleare, potrebbe diventare a sua volta fornitore di questa tecnologia ad altri paesi in via di sviluppo e diventare in qualche modo un paese di riferimento, leader, del cosiddetto Terzo mondo. A maggior ragione in Medio Oriente. In questo senso lo “scontro” con Israele, ma anche con le monarchie sunnite del Golfo, appare inevitabile.
In uno scenario come quello mediorientale, gli interessi di potenze economiche e militari quali Stati Uniti d’America, Federazione Russa e Repubblica Popolare Cinese entrano necessariamente in conflitto. E’ evidente come Washington ed i suoi alleati in Europa ripongano un interesse particolare nella destabilizzazione interna di Tehran, attuabile mediante ampie sanzioni economiche. Quali sono invece le posizioni di Mosca e Pechino, e per quale motivo invece esse difendono il regime degli Ayatollah?
La Persia è sempre stata, geopoliticamente, una area perno del Vicino Oriente e dell’Asia centrale. I rapporti con la Russia, storicamente, non sono idilliaci, perché si sono svolti molto spesso su un piano di competizione. L’Iran dello Scià, ad esempio, era perfetto per il contenimento dell’Unione Sovietica verso sud, tanto che negli anni ’60-’70 l’Iran era il “gendarme” degli Stati Uniti nel Golfo. La rivoluzione khomeinista ha portato l’Iran su una posizione maggiormente di equilibrio, dando teoricamente a questa nazione la prospettiva, almeno teorica, di poter perseguire una propria visione e strategia nazionale indipendente. In questa fase la Russia vorrebbe un Iran stabile ma non forte, non almeno così forte da tornare ad essere un concorrente piuttosto che un possibile partner su cui esercitare il controllo. Del resto se l’Iran dovesse tornare completamente sotto l’influenza occidentale, questo creerebbe per la Russia il rischio di forti destabilizzazioni soprattutto nell’area del Caspio e delle Repubbliche centroasiatiche. Non mi stupirei, quindi, a causa di questa ambivalenza, se in caso di crisi bellica contro l’Iran la Russia rimanesse, nella sostanza, se non nella forma, inerme e magari cercasse di sfruttare diversamente, su altre aree, questa sua posizione attendista.
Per Pechino la posizione è più chiara: l’Iran è un alleato strategico, è la chiave per l’accesso alle ricchezze energetiche dell’Asia centrale da cui lo sviluppo cinese non può prescindere. È per questo che l’Iran è geopoliticamente fondamentale: chi controlla l’Iran controlla la Cina. Purtroppo Pechino non ha, allo stato attuale, alcun mezzo per fermare una ipotetica guerra contro l’Iran, a meno di mettersi a rischio di una guerra globale. Quindi, alla fine, in caso di crisi anche Pechino credo che finirà per abbozzare, magari sperando, molto confucianamente, di veder passare il cadavere del proprio nemico sul fiume…
Circa l’argomento sopracitato, i vicini di Tehran appaiono molto divisi. Uno strenuo alleato strategico dell’Iran è rappresentato dalla Siria, mentre le monarchie del Golfo sembrano pendere dalla parte di Israele e del loro alleato storico, gli Stati Uniti d’America. Inoltre, nel terzo capitolo del suo libro, cita apertamente un “asse arabo-sionista”. Può dirci di più?
Le monarchie del Golfo sono apertamente minacciate dall’ascesa dell’Iran quale potenza regionale. Ben inteso, non perché l’Iran abbia una volontà egemonica aggressiva, ma perché le aristocrazie del Golfo sono, questa è la mia opinione, dei regimi parassitari e plutocratici che verrebbero spazzati via dall’energia di una nazione, come l’Iran, con una forte e coerente fisionomia economica, politica, diplomatica, spirituale. La contrapposizione, nel mondo islamico, tra sunnismo e sciismo è, secondo me, una delle leve di questo “cambiamento di fase” nel mondo islamico che abbiamo visto materializzarsi con la Primavera araba. Forze collegate più o meno strettamente con le monarchie del Golfo stanno prendendo il potere (o l’hanno già preso) in Tunisia, Libia, Egitto, Yemen, e si stanno contrapponendo in Siria, Iraq, Libano. Molto significativa la svolta, proprio di questi giorni, di Hamas che ha “tradito” lo storico alleato e protettore, la Siria di Assad, per porsi sotto il cappello del Qatar e della Giordania. In questa fase, dunque, il nemico principale delle monarchie sunnite è l’Iran e lo sciismo politico. L’alleanza tattica con Israele per fare fronte contro il nemico comune appare una conseguenza naturale. Si tratta a mio avviso di un errore epocale che l’Islam penso pagherà straordinariamente, forse un errore che non sarà più storicamente e politicamente recuperabile.
Il Presidente della Repubblica Islamica d’Iran, Mahmoud Ahmadinejad, venne eletto per il primo mandato nel 2005. Da allora, in che misura è cambiata l’amministrazione iraniana? Come mai, per Israele e gli Stati Uniti, è stato fin troppo facile additare Ahmadinejad come una sorta di “nemico pubblico numero uno”? Cosa ne pensa della rielezione di Ahmadinejad, avvenuta del 2009, e delle consequenziali “proteste” a Tehran?
Ahmadinejad ha rappresentato un vero cambiamento per la Repubblica islamica. Basti pensare che negli ultimi venti anni i presidenti che si erano succeduti alla guida del paese erano degli esponenti del clero mentre Ahmadinejad è un laico. Questo non ha tanto un impatto dal punto di vista religioso (Ahmadinejad è religiosissimo) ma da quello politico certamente sì. Tanto più perché l’attuale presidente è il rappresentante di una area politica e sociale che mai in precedenza aveva avuto la guida della Repubblica: Ahmadinejad rappresenta la “generazione del fronte” che ha combattuto la guerra contro l’Iraq negli anni ’80, e rappresenta le fasce popolari e dell’Iran più profondo. Soprattutto durante il suo secondo mandato, Ahmadinejad ed il suo entourage stanno tentando una modernizzazione della politica iraniana, cercando di spingere la nazione, come par di capire, verso un modello islamico presidenzialista, più che teocratico. Come si può immaginare, sarebbe un terremoto per gli equilibri di potere interni. Ma, in questo senso, Ahmadinejad rappresenta anche un incubo per gli ideologi del “nuovo ordine mondiale”. Pensate ad un paese fondamentale come l’Iran guidato da una dirigenza laica, indipendente, nazionalista e popolare…
Poi, sul fatto che questa possibilità, sicuramente molto suggestiva per chi auspica un pianeta multipolare e più equo, si coniughi anche con una capacità politica interna, non mi esprimo. Dovrei essere iraniano e vivere in Iran per dire se Ahmadinejad sia stato un buon presidente per il suo popolo. I primi di marzo si svolgeranno le elezioni legislative in Iran, con i candidati dell’area del presidente che sfideranno quelli dell’area conservatrice tradizionale. Sono molto curioso di vedere i risultati.
Per quanto riguarda la rielezione del 2009, coi dati a disposizione, ho maturato la personale convinzione che il risultato sia stato legittimo. Non so se ci possono essere state delle irregolarità nel voto, ma ritengo che la maggioranza del popolo iraniano abbia effettivamente votato per Ahmadinejad. Le successive proteste sono state innescate da tensioni e dinamiche interne alla società iraniana, tensioni che erano giunte ad un punto di rottura. Ahmadinejad è certamente un catalizzatore, generalmente non lascia indifferenti, o lo si ama o lo si odia. Che poi su queste dinamiche interne si siano inserite anche manovre di destabilizzazione dall’esterno, lo ritengo molto probabile.
Il suo libro è intitolato “Iran 2012”. Oltre alle doverose parentesi sul passato storico della Repubblica Islamica d’Iran, sarebbe importante anche azzardare delle ipotesi sul futuro di quest’ultima. Come giudica la recente crisi diplomatica scoppiata in seno al Parlamento iraniano, la quale ha visto contrapporsi da una parte lo schieramento teocratico degli Ayatollah, e dall’altra quello relativamente laico e nazionalista di Ahmadinejad? Alla luce delle continue minacce di guerra preventiva di Tel Aviv a Tehran e degli oramai diffusissimi attentati terroristici compiuti da agenti del Mossad contro ingegneri nucleari iraniani, come crede che si svilupperà la situazione nel nuovo anno?
Per quanto riguarda le tensioni politiche interne al paese rimando al quadro che ho tracciato sopra. I centri del potere tradizionale iraniano stanno reagendo con forza al nuovo corso impresso da Ahmadinejad. Vedremo quali saranno gli esiti. Certamente questo è il momento peggiore per la dirigenza politica della nazione per dividersi. Divisione che riguarda sia il campo “conservatore” all’interno, ma anche con il campo “riformista”, i cui principali leader, candidati alle elezioni presidenziali del 2009, sono stati posti in una sorta di condizione di detenzione e controllo, con l’accusa di aver fomentato i disordini politici e attentato quindi alla sicurezza della nazione. Probabilmente, in caso di aggressione militare, il paese si ricompatterà, ma successivamente temo che tornerà a spaccarsi.
Difficile fare previsioni, ma voglio provare a tracciare un quadro sommario.
Se scoppierà la guerra, mi aspetto per l’Iran uno scenario assimilabile a quello che fu la prima guerra del Golfo. Bombardamenti mirati a colpire in profondità le infrastrutture del paese e per disarticolare soprattutto il corpo militare dei Guardiani della Rivoluzione. Non necessariamente i combattimenti potrebbero essere lunghi, dipenderà da quanto l’Iran vorrà resistere e rispondere con rappresaglie. Fossi nella dirigenza iraniana punterei a minimizzare il più possibile il conflitto, addirittura rispondendo agli attacchi con una condizione sostanziale di non belligeranza, ma temo che non sarà così. Successivamente mi aspetto un embargo economico militare molto stretto che cinturi il paese e lo strangoli (anche per lungo tempo) finché il sistema non imploda, magari sostenendo dall’esterno un ribaltamento interno del regime.
L’attacco potrebbe anche essere innescato solo da Israele, ma, in caso di reazione iraniana, gli Stati Uniti e le altre potenze occidentali sarebbero coinvolte.
È pure vero che da anni si parla di una guerra contro l’Iran e finora tale scenario non si è mai verificato. Umanamente mi affido alla speranza, da analista non sono molto ottimista per il prossimo futuro.

giovedì 23 febbraio 2012


Venerdì 2 marzo alle ore 18, presso la Biblioteca San Giovanni di Pesaro, si terrà la conferenza/incontro IRAN-SIRIA: IL NEMICO ALLE PORTE? Invitati come relatori saranno Antonella Appiano (giornalista autrice di “Clandestina a Damasco – Cronache da un paese sull’orlo della guerra civile”, Castelvecchi RX, 2011) e Simone Santini che presenterà la sua opera “IRAN 2012”. Moderatore sarà il ricercatore storico Gaetano Colonna, già autore di “Medio Oriente Senza Pace” (Edilibri, 2009). L'incontro è organizzato dal CLAR (Centro Libero Analisi e Ricerche) con il patrocinio della Provincia di Pesaro-Urbino, Assessorato alla Cultura.



Il giorno successivo, sabato 3 marzo 2012, si svolgerà l’incontro pubblico: “Iran 2012. L’imperialismo verso la prossima guerra? Scenari, cronache, retroscena” che si terrà a Brescia.
Il seminario si svolgerà dalle 15:30 presso l’“Hotel Ambasciatori”, sito in via Crocifissa di Rosa, 92, nella sala “Cidneo” al sesto piano.
Vi saranno gli interventi di: Simone Santini (autore del libro “Iran 2012. L’imperialismo verso la prossima guerra? Scenari, cronache, retroscena” Edizioni all’insegna del Veltro, 2012), Enrico Galoppini (redattore della rivista “Eurasia“), Jafar Rada (membro dell’Associazione Islamica Imam Mahdi), Claudio Mutti (Direttore della rivista “Eurasia“)
L’organizzazione è a cura di “Eurasia. Rivista di studi geopolitici” e dell’”Associazione Nuove Idee” di Brescia.
L’incontro è valido per il ciclo 2011/2012 dei Seminari di Eurasia. L’ingresso è libero e gratuito.

martedì 21 febbraio 2012

IRAN 2012 - Prossima uscita a breve







IRAN 2012 
L'imperialismo verso la prossima guerra? Scenari, cronache, retroscena

di SIMONE SANTINI - Prefazione di GIULIETTO CHIESA

Pubblicato da EDIZIONI ALL'INSEGNA DEL VELTRO (Parma, 2012)
pagg. 260

Il libro. Iran 2012. La profezia di un’apocalisse? La previsione di una guerra contro l’Iran torna a rimbalzare, da anni, nel dibattito pubblico, ogni volta smentita dai fatti. Anticipare lo scoppio di una guerra può essere esercizio intellettualmente stimolante ma probabilmente inutile, poiché, se la guerra scoppierà, essa non sarà conseguenza di un accidente della storia ma un suo determinato e specifico prodotto. Molto più utile, dunque, indagare le cause profonde, i contesti, gli scenari che potrebbero o meno condurre a questa guerra, con la consapevolezza di come il laboratorio iraniano rappresenti il microcosmo attraverso cui interpretare il tempo contemporaneo, scosso da innumerevoli e profondissime crisi, e il suo sviluppo futuro. Il filo rosso che percorre tutta l’opera è il tentativo di ricostruire, aldilà delle manipolazioni e fraintendimenti operati dalla pubblicistica mondiale, tutti i possibili contorni dell’intricata crisi iraniana, in alcuni casi sfatando miti e svelando inganni, offrendo uno strumento di analisi e comprensione. Un tentativo di verità. E libertà.


Sinossi. Nel primo capitolo si illustra il tema della corsa iraniana al nucleare inserendolo nel contesto mediorientale, evidenziandone il senso profondamente politico e dimostrando come proprio sul tema nucleare si misuri la supremazia dell'Occidente, particolarmente attraverso Israele, su questa area cruciale per gli equilibri geopolitici.
Si ripercorre la cronistoria del dossier nucleare iraniano, dal suo concepimento negli anni '70 fino agli sviluppi più recenti. Particolare attenzione è dedicata a ricostruire gli snodi del 2005, con la rivitalizzazione del programma atomico voluta da Ahmadinejad, ed il complesso percorso diplomatico che ha condotto, finora, ai fallimenti del 2009-2010 ed all'imposizione delle sanzioni, illustrando strategie e motivazioni.
Nel secondo capitolo sono esaminati il contesto geopolitico odierno e le ideologie alla base dell’edificazione del Nuovo Ordine Mondiale. Si approfondiscono quindi i rapporti tra Stati Uniti e Cina, da un lato, e Stati Uniti e Russia dall'altro, e la loro intima connessione con la crisi iraniana.
Nel terzo capitolo si affrontano alcuni dissidi inter-islamici. In particolare le influenze delle vicende irachene sul vicino stato iraniano e la nascita di un asse arabo-sionista, ovvero occidentale-sunnita, in chiave anti-iraniana e anti-sciita.
Nel quarto capitolo ci si concentra sulle dinamiche politiche interne all'Iran. Le strutture della Repubblica islamica, i dissidi e le lotte di potere, gli scontri ideologici. Particolare attenzione è dedicata  alla figura dirompente di Mahmud Ahmadinejad; all'analisi delle elezioni presidenziali del 2009 ed alle successive proteste; all'uso del terrorismo, nelle sue molteplici varianti, contro la nazione iraniana; allo strumento della propaganda mediatica con l'analisi di due casi di scuola: le vicende Neda e Sakineh.

L'autore. Simone Santini, giornalista. Nel 2001 è tra i fondatori del magazine on-line Clarissa.it (www.clarissa.it) di cui ricopre attualmente il ruolo di coordinatore (capo-redattore).
Ha pubblicato su Clarissa.it oltre 50 tra saggi brevi e analisi di approfondimento, e circa 300 articoli divulgativi ed editoriali, occupandosi principalmente delle seguenti tematiche: analisi geopolitiche ed economiche; analisi di processi comunicativi e media; divulgazione e commenti di avvenimenti di politica internazionale, in particolare riguardanti il Medio Oriente e l'Iran.
Dal 2008 i suoi articoli sono, in modo continuativo, ripubblicati sul web da Antimafia Duemila (www.antimafiaduemila.com) e  Megachip (www.megachip.info), sito fondato dal giornalista e scrittore Giulietto Chiesa.
 
 
 
INDICE GENERALE
 
PREFAZIONE di Giulietto Chiesa 5
 
INTRODUZIONE 13
 
Capitolo 1
UNA BOMBA ATOMICA PER AMICO 15
1. Il contesto politico mediorientale e il nucleare 15
2. Il dossier nucleare iraniano.
Una cronologia essenziale (1974-2009) 32
3. Un caso esemplare: i “buchi” della diplomazia e il ruolo
della AIEA 38
4. Cronache da un fallimento 47
5. Verso le sanzioni 59
 
Capitolo 2
UN NUOVO ORDINE MONDIALE 75
1. Ideologie imperiali 75
2. Il Grande Gioco: Stati Uniti, Cina, Iran 88
3. Il Grande Gioco continua: Stati Uniti, Russia, Iran 99
 
Capitolo 3
FRATELLI COLTELLI
107
1. Iraq. Un buco nero? 107
2. L’Asse arabo-sionista 119
 
Capitolo 4
BAGLIORI DI UNA GUERRA SEGRETA
131
1. Chi comanda in Iran? 131
2. Mahmud, il nemico perfetto 143
3. L’onda verde e l’onda rossa 179
4. Terrorismi 193
5. Ultimi fuochi. Prospettive e conclusioni 225

 
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE 250
 
INDICE DEI NOMI 252



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